Domande/Risposte

Si riportano le domande emerse in sede di incontri nei territori e le relative risposte in merito alla specifica area tematica.

QUESITO presentato dal gruppo di lavoro della Valle di Non (12 aprile 2019 - incontro con la Giunta presso Casa Sebastiano).
Quali sono le modalità di comunicazione che la Giunta Provinciale intende porre in essere per far conoscere ai cittadini le realtà delle aree protette e dei parchi?

RISPOSTA  a cura del Dipartimento agricoltura, foreste e difesa del territorio e dell'Assessorato all'agricoltura, foreste, caccia e pesca.
La comunicazione sulle valenze naturalistiche ed ambientali del territorio trentino viene realizzata con iniziative a cura dei diversi servizi provinciali competenti (Servizio Sviluppo Sostenibile e Aree Protette, Servizio Foreste ecc…). Tradizionalmente le iniziative hanno avuto come destinatari i ragazzi delle scuole e anche la popolazione locale ed i turisti con momenti dedicati.
Da quando sono state istituite le Reti di Riserve previste dall'art. 47 della legge provinciale n. 11 del 2007, le stesse Reti sono diventate un presidio anche per l’informazione sul patrimonio ambientale. Si tratta infatti di una organizzazione di Enti Locali (Comuni ed altri enti territoriali), che si costituiscono in un’aggregazione per la gestione diretta, su delega della Provincia autonoma di Trento, per la conservazione delle aree protette (esclusi i parchi) e per la definizione di politiche per lo sviluppo sostenibile. Le Reti di Riserve si attivano in base ad uno specifico accordo di programma, formalmente sottoscritto fra Provincia autonoma di Trento e Comuni interessati e svolgono l’attività (misure di conservazione e di valorizzazione connessa), in base ad un piano approvato dalla Giunta provinciale.
La R. d. R. è lo strumento più adeguato per mettere in condivisione fra le amministrazioni locali, la Provincia autonoma di Trento e le componenti sociali, le scelte e le azioni di conservazione e gestione territoriale sulle aree protette. Vi sono infatti specifici momenti di partecipazione e di delega da parte dei rappresentanti comunali negli organi della Rete che costituiscono pertanto un importante canale di comunicazione.

Le attività svolte attualmente per comunicare e far conoscere il valore delle aree protette, anche in particolare nel delicato rapporto turismo/ambiente, sono le seguenti:
1) azioni ordinarie e straordinarie di comunicazione svolte dal Servizio Sviluppo sostenibile e aree, fra le quali:
   • Pubblicazione sulle buone pratiche di conservazione
   • Depliants e guide tematiche sulle Riserve provinciali
   • Pubblicazioni di interpretazione dei particolari habitat trentini e delle specie protette
   • Mostra itinerante sulla biodiversità
   • Articoli specifici su riviste che riguardano il territorio trentino
   • Incontri e serate tematiche con la popolazione sulla conservazione della biodiversità e sulla valorizzazione delle valenze naturalistiche
   • Conferenze delle Reti di Riserve con la partecipazione dei rappresentanti delle comunità locali
   • Sito internet dedicato www.areeprotette.provincia.tn.it.
2) azioni di didattica ambientale, comunicazione e divulgazione svolte dai Parchi Naturali e dal Parco Nazionale dello Stelvio;
3) azioni di coinvolgimento attivo nelle manifestazioni culturali e di promozione della consapevolezza svolte dalle Reti di Riserve.

Coinvolgere i trentini in modo più convinto e argomentato, rispetto le valenze ambientali del territorio, è di importanza fondamentale.
La sfida è anche di evolvere, per quanto possibile, le modalità di ingaggio dei turisti: nei linguaggi, nell'originalità dei contenuti, nell'utilizzo sapiente e equilibrato dei mezzi e delle tecnologie della contemporaneità.
Per rispondere in modo strutturato ad entrambi i pubblici (locali e non) l’approccio da parte della Provincia non vuole più essere strettamente settoriale, ma indirizzarsi verso una logica di piattaforma che contempli contemporaneamente più opzioni, più dipartimenti, più interlocutori, più occasioni, più luoghi.
L’obiettivo è riuscire a integrare i ragionamenti e le premesse economico territoriali con i temi ambientali e le necessità di crescita socio/culturale.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro della Val di Cembra (18 aprile 2019 - incontro con la Giunta presso Forte delle Benne - Comune di Levico).
Quali sono le intenzioni e le posizioni dell'attuale Giunta Provinciale rispetto al sistema Provinciale delle Reti di Riserve? Tale modello, apprezzato anche fuori regione per la sua flessibilità e operatività, sarà ancora sostenuto con apposite risorse e con convinzione dalla Giunta Provinciale?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione.
L’istituto della “Rete di Riserve”, di cui agli articoli 47 e 48 della legge provinciale n.11 del 2007, consiste non già in una nuova tipologia di aree protette, ma in una delega alle comunità locali, nel campo della conservazione naturale, per la gestione decentrata di alcune tipologie di aree protette e del territorio connesso. Si tratta quindi di una forma organizzativa che permette di “mettere in rete”, e da qui deriva il nome, la gestione di alcune aree protette nell'ambito riunito di alcuni comuni che intendono coordinarsi fra loro per queste finalità.
Attraverso un accordo di programma sancito fra la Autorità provinciale e gli enti locali si giunge infatti ad una intesa che permette, per un certo periodo, di responsabilizzare le comunità afferenti al territorio (comuni, enti territoriali, comunità), affidando loro i compiti di tutela naturalistica in una logica di raccordo funzionale con le istanze legittime di sviluppo.
Come nel caso dei parchi, anche per questa nuova modalità di gestione, scatta ovviamente la necessità di una pianificazione condivisa ed approvata, sviluppata su basi scientifiche e condivisa con le organizzazioni sociali del territorio e con tutti i portatori di interesse.
L’amministrazione centrale della Provincia, attraverso le proprie strutture, mantiene in ogni caso la regia di tutto il complesso della vigilanza e del coordinamento dei monitoraggi per l’intero territorio soggetto a tutela.
Le Reti di Riserve nascono dunque “dal basso”, per volontà delle amministrazioni locali, a seguito di processi partecipativi che coinvolgono un territorio omogeneo.
La strategia gestionale delle reti si basa su due pilastri, la conservazione, prevalentemente declinata nel senso della “tutela attiva” e lo sviluppo sostenibile, diventando così strumento di integrazione delle politiche territoriali ed economiche.
La Rete rappresenta quindi anche una grande occasione di confronto a livello sovracomunale per gestire in modo innovativo il proprio patrimonio ambientale, trasformando in una grande occasione anche di sviluppo ciò che nel passato (e talvolta ancora oggi) è stato percepito come vincolo. Per farlo al meglio, la Rete può beneficiare di specifici contributi provinciali e del PSR, e riesce spesso a canalizzare importanti risorse finanziarie provenienti dal territorio.
Per certi versi si può dire che le Reti interpretino il nuovo paradigma gestionale del paesaggio, affermato dal PUP del 2008, non più come espressione del conflitto tra tutela ambientale e sviluppo, ma come alleanza tra le due dimensioni. Certamente, questo modello rende anche più comprensibile e democratica la conservazione della Natura avvicinandola ai residenti, così che la filiera di Natura 2000 – normalmente basata su tre livelli: Europa, Stato, Regione – si allunga a un quarto livello, quello degli Enti locali, vero terminale dei benefici della conservazione della natura.
Oggi le Reti di riserve istituite in provincia sono dieci e rappresentano un modello gestionale innovativo, riconosciuto anche a livello internazionale grazie ai progetti europei come il Life plus TEN, che ha permesso l’individuazione della rete ecologica sulla quale sono state definite le aree omogenee per la costituzione delle diverse reti. La recente adozione della Carta Europea del Turismo Sostenibile (C.E.T.S.) da parte del sistema attuale delle reti pone una valida conferma del percorso intrapreso e si aggiunge a quanto già sviluppato negli anni scorsi dai Parchi provinciali.
Queste premesse rendono bene l’idea dell’importanza strategica che il governo provinciale attribuisce all'istituto delle Reti di riserve e della conseguente necessità di proseguire nel loro sostegno attivo, tanto sotto il profilo finanziario, quanto sotto quello del necessario coordinamento centrale.
Ciò non di meno si valuteranno le necessità di una semplificazione normativa per un possibile snellimento delle procedure di accordo e di pianificazione e per la possibilità di far affidamento a personale di coordinamento interno più stabile nel tempo, superando il dato attuale di relativa incertezza in questo senso.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro della Val di Cembra (18 aprile 2019 - incontro con la Giunta presso Forte delle Benne - Comune di Levico).
In questi giorni tutti noi abbiamo visto a Parigi, come basti poco per perdere dei simboli di una Comunità. Il lago di Caldonazzo, per la Valsugana e per il Trentino è fondamentale patrimonio ambientale il cui valore è indiscutibile da tanti punti di vista. Riteniamo che la vicinanza della SS 47 sui suoi litorali rappresenti, oltre che un importante carico inquinante dato dal traffico quotidiano e un potenziale rischio ecologico in caso di accidentale caduta nelle sue acque di sostanze pericolose. Inoltre rappresenta anche una barriera per lo sviluppo turistico per il versante verso il colle di Tenna.
Che considerazioni ha su questo tema e quali possibili strategie da mettere in campo?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione,  dell'Assessorato all'urbanistica, ambiente e cooperazione.
La viabilità rappresentata dalla SS47 effettivamente si pone come elemento di discontinuità tra il versante e il lago con potenziali criticità che potrebbero riflettersi sul lago stesso.
Vi è da dire che il tema era stato preso in considerazione dall'amministrazione provinciale nel 2011 proponendo una progettazione viabilistica nel tratto Pergine – Levico che contemplava un passaggio in galleria proprio per salvaguardare la sponda sinistra del Lago. L’eccessiva onerosità dell’intervento aveva portato però all'archiviazione dell’opera.
In ogni caso l’incidente può sempre avvenire lungo tutto il perimetro del lago di Caldonazzo e di Levico a prescindere dagli interventi collegati alle infrastrutture, in considerazione delle attività e dell’antropizzazione presente su quel territorio. 
Quindi la prevenzione con strumenti di intervento  innovativi e la formazione per controllare e recuperare gli eventuali sversamenti attraverso la formazione dei  VVF sono e saranno sempre la migliore garanzia per tutela di questi beni ambientali.
Per quanto riguarda la sicurezza ambientale collegata al transito sulle strade ad alta portata di traffico come la SS 47, in caso di incidente le squadre dei VVF volontari e VVF permanenti sono dotate di tutte le attrezzature necessarie per contenere, controllare e rimuovere il rischio di inquinamento; su questi argomenti da parte delle strutture provinciali, ci sono continue attenzioni e aggiornamenti sul controllo dei trasporti in percorrenza.
La Provincia peraltro si sta attrezzando anche attraverso il Servizio Antincendi per l’acquisto di moderne soluzioni tecnologiche atte a contenere e limitare i danni potenziali da sversamenti accidentali nelle acque del lago. Si sta inoltre provvedendo all'acquisizione di skimmer (aspiratori di gasolio) e barriere capaci di trattenere idrocarburi su ampie superfici.

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QUESITO  presentato dal gruppo di lavoro della Val di Cembra (18 aprile 2019 - incontro con la Giunta presso Forte delle Benne - Comune di Levico).
La Valsugana orientale è spesso citata nelle cronache per le sue problematiche relative alla qualità dell'aria, in parte riconducibili alle attività industriali insediate in valle. Il PUP 2008, in questo senso, aveva ipotizzato il superamento dell'acciaieria di Borgo Valsugana, ritenuto in una collocazione non congrua rispetto al contesto urbano in cui essa è collocata. Il gruppo di lavoro ritiene prioritario favorire insediamenti che adottino un approccio sostenibile al contesto di valle e stimolare una più forte collaborazione e trasparenza fra gli enti preposti ai controlli ambientali, gli enti locali e i cittadini. La Giunta intende impegnarsi in tal senso?
Con riferimento in particolare all'acciaieria di Borgo Valsugana, è intenzione della Giunta operare per un superamento, in prospettiva, di questo impianto?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, dell'Assessorato all'urbanistica, ambiente e cooperazione.
In linea generale l’impegno dell’Amministrazione provinciale è da sempre stato orientato a spirito di collaborazione e trasparenza tra gli enti preposti ai controlli, gli enti locali ed i cittadini, nel rispetto, che deve essere reciproco, dei differenti ruoli. Questo impegno continuerà e si rafforzerà nei prossimi anni nella convinzione che la tutela dell’ambiente non possa essere demandata solo alla fase dei controlli, ma debba permeare tutta l’azione amministrativa come stimolo all'applicazione di buone pratiche di cui il nostro tessuto imprenditoriale deve essere interprete. In questo senso i dati del monitoraggio ambientale, in particolare sulla qualità dell’aria, riportati oltre, denotano il raggiungimento di buoni livelli.

Con riferimento specifico all'Acciaieria di Borgo Valsugana, ora appartenente al Gruppo Acciaierie Venete, in relazione alle previsioni urbanistiche, si fa presente che nel Piano urbanistico provinciale  2008, a seguito di una approfondita verifica sotto il profilo sia ambientale che socio-economico nonché del dibattito con la comunità locale, il complesso industriale dell'acciaieria di Borgo Valsugana è stato confermato nelle aree produttive del settore secondario di livello provinciale seppure subordinato a una norma speciale che ne limita l'attività produttiva, escludendo il potenziamento meramente quantitativo. Sono consentiti solo gli interventi edilizi finalizzati alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento, purché non finalizzati come detto al potenziamento meramente quantitativo dell'attività, peraltro prescritti in sede di Autorizzazione integrata ambientale.

In linea con le previsioni del PUP, si riportano in sintesi gli interventi migliorativi intervenuti negli ultimi anni, anche a seguito di controlli e diffide da parte di APPA (Agenzia Provinciale per la protezione dell'ambiente della Provincia Autonoma di Trento) e dell’Autorità competente SAVA:

ANNO INTERVENTI REALIZZATI
2007
  • Realizzazione impianto di aspirazione per la prima essiccazione delle siviere;
  • Aumento della potenza elettrica prelevabile dalla rete e disponibile per lo stabilimento da 58 a 65 MW.
2008
  • - Installazione di sistemi di monitoraggio in continuo di polveri e gas (CO, NOx).
2009
  • Revamping dell’impianto di aspirazione e abbattimento fumi;
  • Realizzazione di un sistema iperbarico ad acqua per la bagnatura dei piazzali e delle vie di transito;
  • Realizzazione di un sistema di raccolta delle acque di prima e seconda pioggia con reimpiego nel circuito di raffreddamento interno.
2010
  • Inserimento di una barriera di compartimentazione tra EAF ed LF.
2011
  • Installazione di un campionatore in continuo di microinquinanti sulla linea E2;
  • Realizzazione di una vasca di lavaggio pneumatici;
  • Delimitazione box scoria nera con rete metallica;
  • installazione sistema di videosorveglianza cappa forno fusorio.

2012

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2018

  • Realizzazione aspirazione ausiliaria;
  • Realizzazione portone per segregazione campata B in corrispondenza dell’area forno fusorio;
  • installazione il sistema di nebulizzazione "cannon-fog" nell’area travaso scoria siviere;
  • delimitare le aree dove avviene il travaso della scoria e l'area dove avviene la pulizia delle siviere;
  • modifica del sistema di pulizia delle stesse siviere con mezzo gommato in luogo del carroponte;
  • realizzazione aspirazioni su area svuotamento scoria bianca siviere e colata continua (emissioni prima in forma diffusa);
  • pavimentazione aree transito mezzi;
  • segregazione box scarico calce e ferroleghe;
  • installazione sistema di insufflazione materiale adsorbente nel sistema di trattamento fumi.

 
Ci tengo a sottolineare inoltre che per quanto riguarda i controlli ambientali APPA - Agenzia Provinciale per la protezione dell'ambiente ha condotto e sta conducendo attività di monitoraggio ambientale improntata alle migliori pratiche utilizzate anche dal sistema delle Agenzie ed in grado di restituire l’esatta dimensione degli attuali impatti sulla qualità dell’aria dell’impianto di Borgo Valsugana, polveri diffuse comprese.

Ricordo che la valutazione dei valori di qualità dell’aria e di concentrazione dei vari inquinanti è regolata da precisi riferimenti tecnici e normativi (Direttiva 2008/50/CE e atto di recepimento D.Lgs. 155/2010), ivi compresi i limiti di concentrazione che la legge, facendo proprie tutte le migliori evidenze scientifiche ed epidemiologiche, ha fissato a tutela della salute in particolare della popolazione e più in generale dell’ambiente nel suo complesso.

A questo proposito di seguito vengono in breve elencate le azioni e i risultati dei controlli effettuati dai nostri Servizi:

Monitoraggio in continuo della qualità dell’aria:

  • a Borgo Valsugana è presente una stazione fissa della rete provinciale di monitoraggio in continuo operante dal 1990;
  • inquinanti monitorati: ossidi di azoto, ozono, particolato PM10, particolato PM2,5.
  • metalli ed IPA presenti nel particolato sono analizzati in maniera discontinua, ma comunque rappresentativa secondo i parametri fissati dalla norma.

Esiti del monitoraggio in continuo della qualità dell’aria:

Polveri sottili PM10 Ormai robusto rispetto dei limiti esteso all'intero territorio della Valsugana (e dell’intera provincia)
Polveri sottili PM2,5 Anche ben prima dell’1 gennaio 2015, data di entrata in vigore del limite di media annuale, presso la stazione di misura di Borgo Valsugana (così come nel resto della provincia), il valore di concentrazione del PM2,5 è risultato sempre abbondantemente inferiore a tale limite
Biossido di azoto (NO2) Principale fonte le emissioni dei veicoli, ormai da molti anni ed in tutte le stazioni ‘di fondo’ presenti sul territorio provinciale, Borgo Valsugana compresa, rispettato il limite di concentrazione media annuale
Biossido di zolfo (SO2) Nessun superamento o rischio di superamento sull'intero territorio provinciale, ormai da molti anni
Monossido di carbonio (CO) Nessun superamento o rischio di superamento sull'intero territorio provinciale, ormai da molti anni
Metalli nel particolato Nessun superamento o rischio di superamento sull'intero territorio provinciale, limiti da sempre rispettati
Benzene Nessun superamento o rischio di superamento sull'intero territorio provinciale, ormai da molti anni
IPA (benzo-a-pirene) La normativa stabilisce un valore ‘obiettivo’, non un valore limite. Nelle maggiori aree urbane è sostanzialmente rispettato, nei fondovalle periferici presenta valori più elevati – A Borgo Valsugana le concentrazioni sono superiori al valore obiettivo.
Ozono (O3) Inquinante (secondario) diffusamente presente in concentrazioni superiori ai ‘valori obiettivo’ previsti. La sua presenza non è direttamente riconducibile a fonti locali di inquinanti.

 
Oltre al monitoraggio in continuo della qualità dell’aria, a partire dal 2014 presso la stazione di monitoraggio della qualità dell’aria ed il CRZ di Borgo Valsugana sono ininterrottamente condotti campionamenti ed analisi delle deposizioni totali delle polveri.

I quattro report annuali sino ad ora prodotti hanno tutti concluso con il giudizio di “classe 1a” (polverosità praticamente assente), al più “classe 2a” (polverosità bassa), senza mai evidenziare alcuna particolare criticità.

A completamento dell’attività di monitoraggio ambientale APPA - Agenzia Provinciale per la protezione dell'ambiente ha effettuato un prolungato e consistente lavoro con l’obiettivo di caratterizzare il particolato aerodisperso, investigandone l’origine e conseguentemente quantificare l’incidenza di tutte le fonti emissive che condizionano la qualità dell’aria nella zona di Borgo Valsugana, compreso l’impatto emissivo associato all'acciaieria.

I risultati delle campagne di caratterizzazione delle fonti emissive a Borgo Valsugana individuate tramite modello a recettore evidenziano diverse sorgenti di particolato aerodisperso. Le misure sono state effettuate sia in periodi con l’impianto BVS in funzione, sia in periodi in cui l’impianto non era in attività.

In estrema sintesi i risultati dello studio hanno evidenziato che nel periodo invernale i contributi di gran lunga più rilevanti sono da associare al fattore “combustione biomassa”.

Per quanto riguarda le sorgenti industriali, il contributo associato alla sorgente “Zinco-Piombo”, sicuramente riconducibile all'impianto siderurgico, nel periodo invernale è risulta essere del 4,8%, percentuale che nel periodo estivo si riduce al 2,1%.

Nel dettaglio:

Sorgente % “responsabilità”
presenza di particolato
Inverno Estate
- da combustione di biomassa 38,6 % 0,4 %
   - di tipo secondario (nitrato e solfato di ammonio) 22,3 % 42,0 % 
   - altre emissioni industriali (Calcio - Magnesio) 19,0 % 11,9 %
   - origine naturale - altre (“polveri crostali” e “aerosol biogenico”) 7,4 % 15,4 %
   - da traffico veicolare 7,2 % 20,4 %
- da emissioni acciaieria BVS (Zinco - Piombo) 4,8 % 2,1 %
   - di origine remota (“Vanadio-Nickel”, aerosol marino) 0,6 % 8,1 %

 
Per quanto riguarda l’eventuale intenzione della Giunta di operare per un superamento, in prospettiva, di questo impianto, va rimarcato che qualsiasi decisione in merito non può essere unilateralmente disposta dalla Giunta provinciale ma deve essere eventualmente il frutto di valutazioni condivise con gli enti territoriali. Gli interessi di tutela ambientale e quelli di carattere socio-economico connessi all'attività dell’acciaieria, su cui negli anni sono stati apportati investimenti migliorativi, andranno infatti contemperati rispetto alle strategie territoriali ed in materia economica della Provincia.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro della Paganella (12 aprile 2019 - incontro con la Giunta presso Casa Sebastiano).
Fra le criticità più significative, frutto anche delle politiche e scelte urbanistiche adottate, ma non solo, si è manifestato, in particolare nei piccoli centri abitati, il progressivo svuotamento dei centri storici che si trovano poco popolati se non anche semi abbandonati.
Ciò ha comportato, oltre a un abnorme consumo di territorio, anche un sostanziale allentamento dei rapporti interpersonali a discapito del senso di appartenenza e di comunità.
Quali correttivi, stimoli, politiche di contrasto e recupero si intendono proporre per aggredire questo problema che, se non almeno attenuato, porterà già da solo a “minare” ulteriormente il presidio dei piccoli comuni con una presenza di abitanti che rischia di diventare pericolosamente insufficiente a garantire e rendere sostenibile tutto il resto?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione e dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione.
Le tematiche del recupero del patrimonio edilizio esistente e della riduzione del consumo di suolo sono tra loro strettamente legate e ormai acquisite come concetti condivisi.
Il lavoro che si sta facendo con la valutazione dei piani urbanistici e con il monitoraggio delle trasformazioni mediante l'Osservatorio del paesaggio, conferma che l'adozione di queste misure è fondamentale per preservare il nostro territorio, riqualificare l'esistente e quindi migliorare anche l'attrattività dei centri abitati esistenti e in generale del paesaggio, contribuendo al senso di comunità.
Le scelte politiche e l'azione amministrativa devono quindi continuare a promuovere questo percorso attraverso:

  • ulteriori strumenti per la pianificazione e la progettazione dei centri storici, sia mediante criteri che interventi formativi. La struttura provinciale competente sta lavorando alla predisposizione dei nuovi criteri per la pianificazione degli insediamenti storici e la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio ha avviato uno specifico percorso formativo sul tema del recupero degli antichi centri, raccogliendo interesse e spunti significativi di approfondimento;
  • miglioramento dei servizi, individuando modalità ulteriori per incentivare l'insediamento di funzioni utili alla residenza, all'interno dei centri storici. La disciplina provinciale ha introdotto, sia sotto il profilo urbanistico che commerciale, una serie numerosa di deroghe per l'insediamento in centro storico quali l'esenzione da spazi di parcheggio, l'esenzione dal contributo di costruzione al fine della realizzazione della prima casa, la possibilità di insediare attività commerciali senza limite di superficie, proprio nell'ottica di favorire il recupero degli insediamenti storici, la permanenza o il ritorno degli abitanti e la vivibilità di questi contesti. L'ampliamento delle possibilità di intervento mediante la ristrutturazione edilizia, condotto con la l.p. 15/2015, ha ulteriormente contribuito a fornire strumenti e opportunità per il recupero degli edifici e il miglioramento di strutture e assetti edilizi;
  • incentivi da valutare e mettere a punto anche a seguito di un bilancio degli specifici bandi, approvati negli anni passati mediante il Fondo del paesaggio. Una serie di bandi finalizzati al miglioramento dei centri storici è stato attivato negli anni passati, sia per interventi di sistemazione degli spazi pubblici sia per il miglioramento delle facciate esterne degli edifici privati, anche nell'ottica di favorire la prima casa di giovani coppie e anziani.

L'attività e le numerose risorse messe in campo richiedono necessariamente una verifica di queste politiche anche al fine di definire nuove e diverse modalità di intervento.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro Primiero (17 maggio 2019 - incontro con la Giunta presso Palazzo delle Miniere).
Nella loro storia le Aree Protette del Trentino - che oggi interessano quasi un terzo del territorio provinciale - hanno contribuito, oltre che alla salvaguardia di importanti ambienti, alla definizione, nell'immaginario collettivo, dell'identità stessa di tale territorio come luogo nel quale i valori ambientali e paesaggistici assumono una particolare rilevanza, anche in termini di attrattività.
Tutte le Aree Protette Provinciali si sono impegnate concretamente per coniugare la conservazione con lo sviluppo locale, attraverso progetti concreti volti a valorizzare la cultura materiale e le tradizioni delle comunità e a favorire forme di turismo sostenibile e di basso impatto. In particolare tutte le aree protette provinciali oggi sono certificate nell'ambito della Carta Europea del Turismo Sostenibile e quindi impegnate nella realizzazione di importanti progetti a valenza turistica.
Spesso però il ruolo che i Parchi e le Aree Protette giocano in questo senso non viene riconosciuto, e a volte tende a prevalere una loro visione come portatori di vincoli e limiti o, talvolta, solo come "marchio" da utilizzare a scopo di promozione.

Quali possono essere le strategie e gli strumenti volti a integrare maggiormente il ruolo e le attività delle Aree Protette nei processi di sviluppo locale, e come questi ultimi possono assumere strutturalmente al loro interno i valori naturalistici, ambientali e culturali che le Aree Protette istituzionalmente sono chiamate a difendere?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione.
Il ruolo dell’ambiente e più in particolare delle aree protette e delle Reti di riserve come volano di sviluppo sostenibile è ormai riconosciuto in provincia di Trento, in primis da comparti quali turismo e agricoltura. Le aree protette sempre più spesso si propongono, infatti, come laboratori di buone pratiche, in cui sperimentare approcci integrati ad uno sviluppo locale intimamente legato ai valori naturalistici, culturali e paesaggistici. Si tratta di uno sviluppo sociale, prima ancora che economico, fondato su formazione e diffusione di cultura e “amore” per il proprio territorio; un approccio che dovrebbe essere esportato all'intera provincia di Trento, al fine di creare una consapevolezza (e quindi attaccamento) diffusa del valore del nostro capitale naturale da cui, di fatto, dipendono ampia parte della nostra economia e del nostro benessere.
Ora più che mai è quindi strategico considerare le aree protette come parte integrante del territorio, della cultura e delle comunità locali, prescindendo dai confini per puntare ad una contaminazione virtuosa, in termini di conoscenza ed esperienza, fra ciò che sta dentro i confini delle aree protette e la matrice in cui sono immerse, in un’ottica di collaborazione anziché contrapposizione.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo sono fondamentali l’impegno e la collaborazione di tutti gli attori del territorio; da parte della Provincia è quindi necessario adoperarsi per promuovere e garantire una maggiore collaborazione fra dipartimenti e servizi (es. agricoltura-foreste, aree protette, turismo), non solo in termini di pareri e consulenze, ma anche e soprattutto a livello di progettualità e finanziamenti. Ad esempio:

- promuovendo e programmando maggiori opportunità di confronto, interne ed esterne, in merito a progetti, eventi, programmazioni (conferenze di servizi, cabina di regia delle aree protette e dei ghiacciai);

- introducendo criteri di selezione “trasversali” che tengano conto di tutti gli interessi, le funzioni e le potenzialità in gioco (ambientali, sociali ed economiche), in bandi per accedere a fondi provinciali ed europei.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro Alto Garda e Ledro (3 maggio 2019 - incontro con la Giunta presso Casa degli artisti - Comune di Tenno).
Il consumo di suolo nei fondavalle, specie nell'Alto Garda, è un grave problema con effetti negativi per l'ambiente, per il paesaggio trentino (irreversibilmente modificato) e costituisce una delle cause dello spopolamento dei nuclei di mezza montagna. 
Cosa intende fare la Giunta provinciale per arginare questo fenomeno?

La Giunta Provinciale condivide l'idea di limitare la possibilità di residenze turistiche e/o seconde case nell'ambito di centri minori di mezza montagna e negli edifici dei centri storici soggetti a risanamento conservativo, incentivando così il risanamento degli edifici e dei nuclei abitativi altrimenti destinati all'abbandono?

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione.
Il tema della tutela del territorio, come risorsa primaria ed essenza della identità di questa Provincia, è centrale nella politica provinciale. Su questo tema i miei recenti interventi sulla stampa hanno chiarito che la pianificazione territoriale, la prevenzione e la programmazione sono fondamentali per assicurare la tenuta del territorio e la conservazione delle risorse per le prossime generazioni.

Il lavoro condotto nei decenni passati, attraverso il Piano urbanistico provinciale e le leggi urbanistiche, ha delineato – anche progressivamente, in linea con l’evolvere e la crescita sociale ed economica della Provincia attenta al benessere della comunità e alla sostenibilità dello sviluppo – un quadro programmatorio che parla appunto di sostenibilità ambientale e insieme di competitività e integrazione dei territori, intendendo questi principi come necessariamente complementari.

La disciplina delle invarianti, delle aree agricole, delle aree di protezione comunque previste dal PUP e dalla pianificazione comunale sono finalizzate ad assicurare la tenuta complessiva del sistema territoriale, la valorizzazione degli elementi paesaggistici distintivi, interattività del territorio per abitanti, visitatori nonché per aziende che qui decidono di insediarsi.

In tutto questo il tema della riduzione del consumo di suolo si inserisce come un obiettivo ormai comune di tutte le amministrazioni chiamate al governo del territorio. Il recente Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica ha consentito, tra i vari dibattiti, il confronto sulla pianificazione territoriale regionale e delle Province autonome, illustrando come questo tema è diventato centrale di tutte le discipline urbanistiche di nuova generazione che le Regioni e appunto le Province di Trento e di Bolzano si sono dotate o si stanno dotando.

La Provincia di Trento ha incentrato la legge 15 del 2015 sulla riduzione del consumo di suolo e sull’incentivazione al recupero del patrimonio edilizio esistente. I comuni stanno già da qualche anno rivedendo i piani regolatori generali nell'ottica della riduzione delle aree destinate all'insediamento, non solo per ragioni fiscali per cui sono gli stessi proprietari a richiedere lo stralcio delle previsioni edificatorie, ma anche per una riorganizzazione delle previsioni nell'ottica del consolidamento dell’edificato esistente; come previsto dalla legge urbanistica le nuove previsioni edificatorie sono peraltro vincolate a rispondere al fabbisogno abitativo primario, sulla base di specifiche motivazioni esplicitate nel piano e con specifico vincolo che viene inserito negli strumenti urbanistici.

Oltre all'attuazione della legge mediante i piani regolatori, con l’Osservatorio del paesaggio – che ha nel suo mandato proprio il monitoraggio del consumo di suolo – abbiamo istituito un importante strumento per misurare scelte pianificatorie, valutare dinamiche territoriali e ponderarne i diversi effetti.

Il tema della riduzione del consumo di suolo è quindi diventato quasi patrimonio comune del dibattito urbanistico e della pianificazione locale, segno che le sensibilità, le esigenze e le stesse istanze dei territori sono profondomente cambiate.

In un territorio come quello dell’Alto Garda e Ledro va in ogni caso considerato che il tema della riduzione del consumo di suolo e della limitazione delle seconde case è centrale per un’economia turistica che si sostiene necessariamente sulla tutela del territorio e delle risorse ambientali e paesaggistiche.

La questione dell’abbandono dei centri storici minori o di mezza montagna, che segnano diffusamente molte valli del Trentino richiede invece qualche ragionamento ulteriore.
Stiamo lavorando proprio con l’obiettivo di raggiungere tutti i territori, anche quelli più marginali, e di confermare quel sapiente obiettivo che è al centro del primo Piano urbanistico provinciale di creare condizioni di sviluppo locale per assicurare una montagna abitata. Questo non significa incrementare il consumo di suolo ma favorire quella integrazione di funzioni e servizi che possono contribuire al recupero degli insediamenti, alla loro vivibilità e quindi alla permanenza degli abitanti vecchi e nuovi.

L’Osservatorio del paesaggio ha prodotto un documento che definisce una sorta di elenco degli elementi su cui lavorare per governare le trasformazioni degli insediamenti storici, al fine del mantenimento delle loro caratteristiche insediative, storiche e architettoniche. Il documento fa ben comprendere come il tema sia al centro della nostra attenzione e delle azioni che vogliamo mettere in campo in questi anni.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro Alto Garda e Ledro (3 maggio 2019 - incontro con la Giunta presso Casa degli artisti - Comune di Tenno).
MURETTI A SECCO La costruzione di tali manufatti si tramanda nel tempo ed è il frutto di un importante lavoro svolto in passato, necessario per il recupero di territori montani. Recentemente il “muro a secco” ha trovato una importante valorizzazione mediante il riconoscimento di Patrimonio Culturale Immateriale dell'UNESCO, conseguente alla nascita della Scuola Trentina della Pietra a Secco.
Chiedo quali iniziative sono attivate per la tutela e la salvaguardia di tale bene?
 In che termini la Provincia garantisce il recupero e/o il mantenimento di tali manufatti?
 Formulo questa domanda in relazione all'iniziativa del Comune di Ledro (collegamento ciclabile Ponale) ove i muretti a secco sono messi a rischio dalla realizzazione del citato intervento.

RISPOSTA a cura del Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione.
Le realizzazioni in pietra a secco sono tra le forme più radicate di costruzione, diffuse già nell'antichità, hanno raggiunto nel tempo livelli di efficienza e solidità che ne hanno consentito la sopravvivenza nei secoli.
La diffusione di queste tecniche costruttive è presente in tutte le aree del mondo in cui la pietra sia disponibile e i manufatti in pietra a secco sono presenti soprattutto nelle aree rurali dove il materiale da costruzione spesso proveniva dalle opere di bonifica e spietramento dei campi.
In questi contesti rurali accanto ai piccoli edifici e ripari dove la pietra a secco era usata per murature, volte e coperture, l’uso più esteso era quello relativo ai muri realizzati per sostenere i campi su terrazzi.

Quello dei terrazzamenti è una sorta di monumento della ruralità, che in Trentino ha raggiunto la sua massima estensione alla fine del diciannovesimo secolo.
In molte zone del Trentino, dalla Vallagarina, alle valli del Leno e di Gresta, dal Basso Sarca alla val d’Adige e alla Valle di Cembra - solo per citare le principali - i muri a secco dei terrazzamenti caratterizzano in modo unico i nostri paesaggi rurali.
La diffusione di queste tecniche di colonizzazione dei territori di versante ha creato paesaggi di grande pregio che sono testimonianza di un lavoro immane di addomesticamento di zone che per loro natura erano inospitali e inadatte all'utilizzo agricolo.

Ci troviamo ora ad ereditare questo immenso patrimonio produttivo e culturale che l’Atlante dei paesaggi terrazzati del Trentino in fase di completamento a cura dell’Osservatorio del paesaggio ha stimato ad oggi in più di 9000 ha di campi in parte attivi e in parte abbandonati.
Tale dato di estensione - già molto significativo - è destinato ad aumentare al completamento dell’Atlante che è disponibile attualmente per il 70% del territorio provinciale.
In particolare l’Atlante ha evidenziato un’incidenza di terrazzamenti abbandonati pari al 40% dei campi su terrazzo. Queste aree un tempo coltivate oggi paiono completamente rimboschite.
Lo stesso Atlante ci segnala la presenza di più di 4000 Km di strutture a sostegno dei campi e di queste più della metà sono costituite da muri a secco. Possiamo quindi ragionevolmente stimare in più di 2000 km lo sviluppo di muri a secco presenti in provincia.

Questi pochi dati rappresentano i caratteri quantitativi del fenomeno del quale ci stiamo occupando e ci indicano quale sia la rilevanza produttiva e culturale di questo patrimonio paesaggistico. Ma gli stessi dati ci consentono di comprendere quale sia il grado di  complessità delle azioni di recupero di questi contesti rurali e dei manufatti che ne costituiscono la premessa e la garanzia di sopravvivenza.

E’ però necessario lavorare sui muri a secco in un contesto generale di rivitalizzazione e riuso agricolo di questi territori che senza l’impulso di un’attività agricola vitale sono comunque destinati a divenire manufatti isolati destinati a degradarsi in poco tempo.

Da parte politica posso testimoniare che alla presa di coscienza del valore di questi manufatti e dei paesaggi che li ospitano  seguiranno iniziative volte a consolidare l’azione di manutenzione e recupero già intrapresa in passato dando nuovo impulso ad una’azione diffusa di valorizzazione di questi contesti paesaggistici così preziosi.

La Scuola trentina della pietra a secco da anni lavora con impegno per sostenere e diffondere la cultura tecnica della costruzione a secco e rappresenta un patrimonio di esperienze formative di grande rilievo a livello nazionale e internazionale.

Nel recente incontro mondiale tenuto in Spagna sui paesaggi rurali terrazzati, sono state presentate le esperienze trentine portate avanti dall’Osservatorio del paesaggio e dalla Scuola trentina della pietra a secco, suscitando grande interesse tra gli esperti internazionali  attivi sui temi del recupero e della rivitalizzazione dei paesaggi terrazzati.

Il tema dei muretti a secco è inoltre fondamentale per inquadrare quello della tradizione agricola in un territorio montano e quindi per raccontare una storia di uso sapiente del territorio, di stretta relazione tra colture agrarie e morfologia del suolo, di capace impiego delle risorse lapidee locali per la costruzioni di veri e propri beni paesaggistici (pensiamo ad esempio ai muri a secco della valle di Cembra).

La Provincia ha da sempre tutelato questi elementi, in via generale mediante i criteri paesaggistici del Piano urbanistico provinciale, in modo specifico con sussidi e specifici bandi finanziari. Ricordo brevemente lo strumento dei sussidi, previsto dalla legge urbanistica, finanziato annualmente sul bilancio provinciale per 100.000,00-200.000,00 Euro a seconda delle disponibilità, che consente di presentare domanda a soggetti privati per la manutenzione e il ripristino di beni compresi nelle aree soggette a tutela paesaggistica, orientando gli interventi in particolare su quegli elementi caratterizzanti contesti paesaggistici agricoli e montani come i muri a secco e i tetti in scandole di larice negli edifici tradizionali.
Uno specifico progetto per il recupero dei muri a secco della zona della Destra Adige in Vallagarina era stato finanziato nell'ambito del Fondo del paesaggio, mostrando come sia possibile intervenire con tecniche tradizionali e quale sia il riscontro in termini paesaggistici.

Ogni utile indicazione può essere recuperata sul sito internet del Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio sotto la sezione Fondo del paesaggio.

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QUESITO presentato dal gruppo di lavoro Alto Garda e Ledro (3 maggio 2019 - incontro con la Giunta presso Casa degli artisti - Comune di Tenno).
PERCORSI STORICI E MULATTIERE. Una delle caratteristiche dei nostri territori è la presenza di percorsi e collegamenti tra il fondo valle, i pascoli, le malghe. Sempre più spesso accade che l’Amministrazione interviene a consolidare e recuperare queste importanti testimonianze in modo sbrigativo procedendo con una cementificazione.
Si chiede se esistono degli indirizzi Provinciali e in che modo antichi tratturi, selciati e sentieri possano essere tutelati e salvaguardati..

RISPOSTA a cura del  Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione, del Dipartimento istruzione e cultura, dell'Assessorato all'urbanistica,ambiente e cooperazione, dell'Assessore all'istruzione, università e cultura, della Soprintendenza per i beni culturali.
L’Amministrazione provinciale ha prodotto nel passato ricerche e approfondimenti sul tema dei paesaggi rurali e alpini tradizionali quali i documenti relativi ai beni ambientali curati dal Servizio urbanistica o il documento a carattere manualistico sulle recinzioni tradizionali in Trentino curato dal Servizio Foreste. Tali documenti possono rappresentare utili riferimenti e criteri per la realizzazione degli interventi di cui sopra.

L’Osservatorio del paesaggio ha programmato nell'ultima seduta del Forum, l’avvio di un censimento degli elementi paesaggistici di pregio che potrà essere opportunamente orientato anche su questi temi legati alla infrastrutturazione tradizionale del territorio. Vi è poi lo strumento di controllo sugli interventi rappresentato dall'autorizzazione paesaggistica espressa dalle Commissioni di Comunità e provinciale e dal Servizio urbanistica della Provincia.

Gli strumenti per governare questi processi sono pertanto disponibili ma l’azione principale rimane quella legata alla presa di coscienza collettiva sul valore di questi elementi e alla conseguente sensibilizzazione delle strutture provinciali e degli enti locali rispetto alla necessità di valorizzarli e tutelarli. Su questi aspetti di natura culturale l’impegno dell’Amministrazione è rilevante e costante nel tempo in particolare attraverso la Step e l’Osservatorio del paesaggio che da questi un decennio mettono in campo progetti e iniziative volte a questo fine.

Il Piano urbanistico provinciale inoltre fornisce storicamente criteri per supportare gli interventi di trasformazione edilizia nelle aree soggette a tutela paesaggistica e in particolare nelle aree aperte, agricole, boschive e pascolive di montagna. Con riferimento alle aree a pascolo i criteri suggeriscono che “nelle strade secondarie o locali sarà da limitare l’uso di pavimentazioni bituminose, l’adozione di manufatti in cemento armato a vista”. Ovviamente i criteri vanno applicati in ragione dei contesti e dell’inserimento delle nuove trasformazioni, richiedendo che la durabilità degli interventi risponda, come detto, al rispetto del valore dei luoghi e al corretto smaltimento delle acque.

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