Ieri a Cirè di Pergine, nel nuovo polo dei Piccoli Frutti, la serata degli Stati generali della montagna

I giovani, nuovi interpreti di un’agricoltura veloce ma con radici profonde

Passione e determinazione, competenza e attitudine alla conoscenze, velocità e apertura verso il mondo, orgoglio indentitario e consapevolezza. Sono questi i tratti distintivi dell’agricoltore di domani: un giovane che guarda al mondo, tenendo ben salde le proprie radici. Gli Stati generali della montagna hanno dedicato ieri un incontro di approfondimento ai giovani agricoltori, “perché - per citare le parole dell’assessore provinciale all’agricoltura, Giulia Zanotelli - è attraverso di loro che passa il futuro della montagna e, quindi, del Trentino”. E gli spunti non sono mancati alle nuove generazioni, presenti in buon numero all’auditorio del Polo dei Piccoli frutti di Sant’Orsola a Cirè di Pergine. “Il giovane agricoltore - hanno più volte ribadito i relatori - deve cogliere le opportunità di un settore in forte evoluzione, trasformato dall’innovazione e dalle nuove soluzione di un mercato sempre più aperto al mondo. L’agricoltura vanta però un grande vantaggio, spesso dimenticato: la consapevolezza che la modernità è sempre più attenta alla qualità di un elemento che voi avete sotto i vostri piedi: la qualità della terra e dei suoi frutti”.

Da giovane assessore provinciale all’agricoltura, Giulia Zanotelli, ha parlato ai giovani agricoltori presenti in sala con uno sguardo al futuro. “Queste serate ci restituiscono un bagaglio di informazioni e spunti di riflessione importanti. E’ responsabilità della politica tradurle in una programmazione adeguata e in strategie di sviluppo duraturo. Ognuno di noi è però chiamato a fare la propria parte responsabilmente, perché oggi, e voi stessi lo chiedete, è il momento di fare delle scelte”. 

Zanotelli ha ricordato i primi interventi della giunta provinciale, quale l'istituzione del Tavolo AgriYoung strumento partecipativo del mondo giovanile del comparto agricolo per la definizione della linee programmatiche e strategiche volte a sostenere l'imprenditoria giovanile agricola anche nella futura stesura del prossimo Psr. Dialogheremo con cooperazione e con chi sta all'esterno di essa".

Da Zanotelli è arrivato il richiamo alla qualità dei prodotti, intesa come “segno distintivo del territorio e della nostra identità”. Puntuale è arrivata la rassicurazione di una sinergia con il turismo. “Mi piace immaginare - ha concluso - che i giovani agricoltori siano anche portatori "folli" di idee, affamati di novità, informazione ed innovazione, per un mondo agricolo più innovativo. La Provincia sosterrà progetti che abbiano ricadute positive sul territorio ed ascolterà il mondo della cooperazione tanto quanto quelle realtà esterne ad esso. Il cambiamento è difficile ma non ci deve spaventare perchè il Trentino è un territorio fatto di persone con una grande passione, determinato a capire la direzione da intraprendere per una nuova stagione di sviluppo”.

La tavola rotonda.

La serata ha visto tre momenti distinti: la tavola rotonda di alto profilo con docenti universitari e professionisti del “fare azienda agricola”, l’omaggio alla rinascita di Arte Sella e le testimonianze di quattro imprese trentine che hanno saputo trovare una via innovativa nel settore agricolo. 

Il professore Ugo Morelli, docente di Psicologia del lavoro e dell'organizzazione e di psicologia della creatività e dell’innovazione dell’Università di Bergamo, ha aperto l’incontro sottolineando il valore del paesaggio e della terra, e di come il pubblico veda nell’ambiente, la vivibilità, la socialità e l’accoglienza degli autentici valori di riferimento: “Il paesaggio non è più lo sfondo di una cartolina, ma incarna gli elementi della vita, quali acqua e suolo. Il pubblico è attento all’uso che l’uomo fa del territorio per garantire una migliore vivibilità”. Da qui - secondo il docente - muovono le opportunità per i giovani agricoltori, chiamati a modernizzare il modo di fare azienda. “Il business plan deve entrare nell’azienda agricola che però prima deve avere chiara l’idea di business. In agricoltura, creatività significa interpretare la capacità del consumatore di selezionare ciò che mangia e beve”.

L’attenzione ai consumatori è stata richiamata anche da Angelo Frascarelli,  docente di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali dell'Università degli studi di Perugia. “La conoscenza più importante - ha spiegato - è quella del mercato perché ci dice quello che vogliono i consumatori. E non finisce mai. Innovare e cooperare sono fondamentali per sapere come vanno i mercati ed è per questo che ai futuri agricoltori è richiesta anche la velocità di adeguarsi ai cambiamenti. L’imprenditore agricole deve essere attento, rubare le idee e tenere l’impresa aperta”. Il rischio è di produrre ciò che il mercato non chiede e gli esempi non mancano.

Se la conoscenza e la competenza sono importanti, altrettanto lo sono la capacità di comunicare al consumatore la qualità del prodotto e la capacità di far vivere esperienze autentiche. Ne è convinta Slawka Giorgia Scarso, docente di marketing e strategie online applicate al vino: “Il cliente si siede al ristorante non solo per mangiare bensì per vivere un’esperienza. Quindi è importante far venire i clienti sul territorio perché ha anche una valenza economica immediata”. 

Di crescita  e aspetti finanziari ha parlato Nadio Delai, sociologo, scrittore e presidente di Ermeneia, società di studi e strategie di sistema. “Fare impresa - ha tagliato corto - significa ritornare ai fondamentali. Un’impresa agricola deve avere un piano di business a prescindere dai contributi, a cui affiancare un marketing di offerta e non di domanda (spesso il consumatore non ha perfetta coscienza di quello che vuole) e deve imparare a usare la finanza reale”. L’accesso al credito è importante, ma serve una finanzia attenta all’economia reale da integrare con il contributo: “Un giovane fa l’agricoltore non perché ci sono i contributi, ma ne beneficia per spingere ulteriormente un’azienda che già sa camminare con le proprie gambe”. Secondo Delai sono tre le parole chiave distintive di un imprenditore agricolo: vocazione, talento e mercato.

La serata ha visto anche la “lezione” di Emanuele Montibeller, direttore artistico di Arte Sella, lo straordinario museo a cielo aperto della Valsugana messo in ginocchio lo scorso ottobre dalla violenza della tempesta Vaia. “Oggi sono qui - ha esordito Montibeller - ha raccontarvi quello che non c’è più, ovvero Vaia. In pochi mesi, grazie anche al sostegno di privati e pubblico, siamo riusciti a far rinascere la nostra arte dentro il bosco. Investire nel territorio ti garantisce sempre un ritorno positivo”.

La sorpresa della serata è venuta dallo storytelling di successo dei quattro giovani imprenditori trentini, chiamati raccontare la propria impresa. Andrea Paternoster, titolare di mieli Thun, ha lasciato per una sera le api in azienda ed ha stupito la sala narrando come il suo essere apicoltore abbia nella creatività una fonte di divertimento: “Ogni giorno affronto i rischi del mio mestiere con gioia perché per un giovane la sicurezza è spesso noia. L’avvicinamento alla terra è un atto di fede. Proprio come l’agricoltura”. 

La trasformazione dell’alpeggio in un’impresa aperta alla ristorazione e alla didattica, con soluzioni innovative dalla cucina e alla gestione degli animali, è nelle parole della giovanissima Claudia Dallapè, gestrice con la famiglia di Malga Brigolina. 

La nuova via all’imprenditorialità agricola è stata raccontata da Giacomo Malfer dell’azienda vinicola Revì, produttore di Trentodoc: Forte della sua formazione economica, Malfer ha ribadito la necessità di economie di scala tra aziende e di riorganizzazione fondiaria. In lui c’è tutta la determinazione della nuova classe imprenditoriale trentina, in cui innovazione e competenza sono impresse nel dna aziendale. 

Infine la serata ha regalato la leggerezza visionaria delle galline felici di Mattia Cristoforetti e Giovanni Tava, titolari dell’azienda agricola “Uova di Montagna”. Il loro esordio nel giro dell’alta cucina è passato dalla visita a sorpresa, in una mattina milanese, nelle cucine di chef Carlo Cracco: “Prova le nostre uova. Sono delle nostre galline di montagna, niente allevamenti industriali e crudeltà in batteria, solo aria buona e una vita serena”. Poche parole per conquistare il più altèro degli chef di casa nostra. E la felicità delle galline trentine è oggi in uno dei menù più à la page.

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